Caponata: 30 versioni con uno stesso denominatore comune

Un mix di verdure tagliuzzate e assemblate in maniera solo apparentemente casuale, in cui in realtà tutto è studiato per creare un’armonia di sapori unici. Con qualche variante geografico-temporale e molti benefici.

Un piatto con tante incertezze….

La caponata è un piatto tradizionale siciliano, a base di tante verdure cotte separatamente e poi unite in un’armonia di colori e gusti, armonizzati da una salsa agrodolce e arricchita da capperi, olive e uvetta.

La sua storia è antica ma controversa, così come il suo nome e la sua collocazione all’interno del menù. Secondo alcuni a dare i natali alla ricetta sarebbero stati i cuochi francesi giunti in Sicilia (monsù), dove utilizzavano le verdure in agrodolce in origine come condimento del capone (o pesce lampuga), di qui il nome che il piatto attuale ha ereditato e mantenuto da quello dell’epoca.

Secondo altri invece l’etimologia del nome risalirebbe al termine “caponata”, a sua volta derivato dal latino “caupona” cioè “osteria”, mentre altri la riconducono al verbo “capulare”, ovvero “tagliare a piccoli pezzi”.

Altra ambiguità riguarda l’utilizzo della pietanza, che può essere indifferentemente considerata un contorno oppure un antipasto.

…E tante varianti

Come spesso accade nel caso delle ricette tradizionali, oltre alla versione classica palermitana, ne esistono anche molte varianti e rivisitazioni. Lo spiega bene questo articolo pubblicato su www.agrodolce.it, secondo il quale sarebbero state censite almeno 30 versioni di caponata, preparate nelle diverse città della Sicilia, alle quali si aggiungono le ricette familiari custodite gelosamente e spesso tramandate per via orale. Ciascuna prevede aggiunte o sottrazioni di ingredienti, ma tutte sono accomunate da una regola: la caponata va servita fredda (o meglio: a temperatura ambiente)!

Melanzana protagonista!

Temperatura di servizio a parte, il fil rouge che lega tutte le ricette di caponata è la presenza delle melanzane, che devono essere rigorosamente fritte (proprio come nella Pasta alla Norma e nella Parmigiana di melanzane). Così infatti si trovano nella caponata palermitana di Sonia Peronaci, resa celebre dalla famiglia Pensabene, che con la sua azienda di conserve è stata la prima nel 1869 a inscatolarla e metterla in commercio già pronta.

A questa si aggiungono altre declinazioni locali come la caponata trapanese, che in più prevede l’aggiunta delle mandorle tostate; la caponata catanese, nella quale vengono aggiunti i peperoni e talvolta basilico, aglio o persino patate; quella messinese, in cui la  salsa di pomodoro è sostituita con i pomodori pelati e che viene insaporita con il basilico.

La versione Ciancianese prevede anch’essa l’utilizzo dei pomodori pelati, ma in più vuole la presenza di carciofi e succo di limone; ad Agrigento invece si inseriscono i peperoni “arramascati” (o friggitelli), il miele, il peperoncino, il basilico, i pinoli o le mandorle.

Ancora più particolari la variante di Bivona, che prevede di aggiungere agli ingredienti di base anche pesche locali e pere di stagione; quella natalizia delle Madonìe (detta “cunigghiu”) con baccalà, zucchine, patate e aromi; e la “caponatina”, in cui gli ingredienti sminuzzati non sono fritti ma cotti in forno e vi si aggiungono pezzetti di caciocavallo piccante ragusano.

Il complemento (quasi) di una dieta equilibrata e salutare

Come abbiamo scritto qui, uno stile alimentare può dirsi sano se capace di apportare ogni giorno la giusta quantità di nutrienti, abbinati in modo ottimale. In particolare sono fondamentali fibre, vitamine, sali minerali e grassi buoni, che esercitano sull’organismo un effetto protettivo e antiossidante, fanno bene a tutti i tessuti, alla motilità intestinale, al funzionamento dei muscoli e al mantenimento della funzionalità degli organi, contribuendo a contrastare alcune delle malattie oggi più diffuse in Occidente.

La caponata, composta essenzialmente di verdure, con in più l’aggiunta di olio extravergine e (talvolta) frutta secca e peperoncino, si inserisce bene nello schema alimentare che contraddistingue la dieta mediterranea. Unico neo potrebbe essere rappresentato dalla frittura, ma se fatta bene (con un olio alto oleico, con un elevato punto di fumo e alla giusta temperatura), non è poi così dannosa… purché sia considerata un’alternativa ad altre cotture più sane e soprattutto delle verdure consumate a crudo!